Seminario Faim – Giugno 2019
Scheda sintetica ripresa dall’elaborazione del Prof. Enrico Pugliese
Nei due anni trascorsi dal convegno Faim in Senato hanno avuto luogo molti cambiamenti di segno diverso sia in riferimento alla riflessione sulla nuova emigrazione italiana all’estero, sia in riferimento ai fattori di contesto più generali che riguardano l’economia e la politica del nostro paese, di altri paesi del continente e dell’Europa nel suo complesso.
Un aggiornamento delle dinamiche della nuova emigrazione a due anni di distanza dal convegno del Faim di novembre 2017 implica una riflessione sui seguenti punti:
1)- Alla presa d’atto della significativa ripresa dell’emigrazione italiana che sta avvenendo a livello anche istituzionale non corrispondono iniziative volte a rendere
meno gravosi i percorsi emigratori dei singoli protagonisti, né a ridurre i motivi economici e sociali che sono alla base della nuova spinta emigratoria. Allo stesso
tempo le mutazioni intervenute nel quadro politico-sociale nei paesi di arrivo rendono più difficile la difesa dei diritti sociali e civili dei nuovi migranti. Si va affermando, a partire dalla Brexit, me non solo, un ‘hostile enviroment’ (ambiente ostile) nei diversi paesi volto a disincentivare in modo esplicito l’immigrazione dei lavoratori comunitari.
2)- L’emergere dei cosiddetti “sovranismi” influenza ed accentua questi atteggiamenti che si rivolgono non solo verso gli extracomunitari, ma ormai anche verso i cittadini comunitari, con effetti di riduzione e di parziale esclusione dai sistemi di welfare, come per l’indennità di disoccupazione o per l’assegno sociale, e con la crescita di espulsioni per motivi economici. A ciò si aggiunge il peggioramento delle condizioni di inserimento e collocazione lavorativa dei protagonisti della nuova emigrazione italiana in mercati del lavoro sempre più precarizzati.
3)- Un ulteriore elemento di riflessione troppo spesso evitato riguarda le condizioni e gli effetti della nuova emigrazione per le aree di partenza, in particolare, per quanto ci riguarda, per le regioni del Mezzogiorno, da dove si emigra, oltre che all’estero, anche e in modo consistente verso il Nord Italia. Nell’ultimo decennio si registra un processo massiccio di spopolamento di intere aree montane e collinari con un aggravamento negli ultimissimi anni. Con ciò si spopola il Mezzogiorno, ma anche aree del centro-nord, con un effetto a catena per cui emigrazione genera a sua volta ulteriore emigrazione. Torna a riproporsi con forza la necessità di piani straordinari di intervento volti a migliorare le condizioni economiche e civili di queste aree e del Sud del paese.
4)- Questo ci porta ad un altro tema da affrontare: i nuovi processi emigratori intraeuropei determinano una concentrazione di popolazione nei luoghi dove si concentra la ricchezza, l’attività produttiva e il potere politico e un progressivo decremento di popolazione, parallelo alla crescita di povertà, nelle aree periferiche europee. In Italia si accentua lo storico dualismo Nord-Sud Italia che indebolisce l’intero paese: Nord compreso. Analoghi fenomeni caratterizzano altre aree del nostro continente. La principale contraddizione che attraversa l’Europa è quella di un peggiorato rapporto fra centro e periferie. Accanto ai paesi mediterranei, i paesi dell’Est hanno perso e perdono quote ancora più consistenti di popolazione a vantaggio delle aree centrali. Contemporaneamente ha luogo il fenomeno delle migrazioni degli anziani verso paesi dove il costo della vita è più basso proprio per effetto della loro povertà.
5)- Rispetto a tali scenari ci si è occupatati troppo di presunte invasioni di immigrati dall’estero, mentre non ci si è occupatati – in Italia come in Europa – di realizzare politiche di sviluppo e di riequilibrio tra aree periferiche e centrali. L’indifferenza rispetto alla vicenda della Grecia e allo smantellamento della sua economia per effetto della ‘Troika’ non ha consentito lo sviluppo di progetto euro-mediterraneo. Piuttosto, il sud dell’Europa si è, per così dire, allargato ad Est e la concentrazione del potere economico e politico richiama forza lavoro da queste aree, proprio mentre le politiche sovraniste creano ambienti ostili agli immigrati stessi.
6)- Per quanto riguarda la composizione della nuova emigrazione si può confermare che si tratta di una emigrazione sempre più spinta dalla necessità e sempre meno di una libera mobilità spinta da curiosità o ricerca di stili di vita alternativi. Il flusso è sempre più univoco e non si assiste ad un equilibrio nello scambio di migranti neanche per quelli ad elevato livello di qualificazione o delle “elites culturali”. Secondo i dati disponibili i laureati costituiscono poco più di un quarto del totale degli emigranti; la principale componente “in fuga” continua a essere quella delle braccia; di ciò è necessario prendere atto. Ed è altrettanto necessario attrezzarsi per politiche che riguardino tutti gli emigrati, a prescindere dai loro diversi livelli di scolarizzazione e qualificazione ed ovunque essi si trovino.